I nuraghi, grandiose costruzioni di forma tronco conica, che ancora oggi rappresentano il simbolo della Sardegna e danno un’importanza particolare al paesaggio sardo.
Furono costruiti a partire dal
1800 a.C. dalle popolazioni indigene, e hanno caratterizzato per circa un millennio la storia sarda.
Ebbero fasi costruttive differenziate che testimoniano l’evoluzione della civiltà sarda fino al VI secolo a.C..
I nuraghi sono torri elevate con massi spesso enormi sovrapposti a secco e tenuti insieme dal loro stesso peso. L’ingresso è costituito da un’apertura, generalmente fatta da architrave, non molto alta e rivolta sempre a est o a sud (al riparo quindi dal vento freddo di maestrale). Subito dopo si trova un corridoio, più alto e più largo della porta, che conduce ad una stanza interna circolare fornita solitamente da nicchie. Le pareti di questa stanza si Restringono gradatamente dal basso verso l’alto fino a formare, nella sommità, una specie di cupola chiusa con pietra piatta. Molto spesso appena si entra nel corridoio si trova a sinistra un’apertura dove inizia una scala, ricavata nel muro perimetrale del nuraghe e dall’altra parte, quasi dirimpetto, si apre un altro piccolo vano.
L’arte di costruire questi monumenti subì notevoli mutamenti nel corso dei secoli: della fine dell’età del bronzo (1200 – 900 a.C.) sono, per esempio, “i nuraghi polilobati”, costruiti da più torri collegate tra loro.
I costruttori riuscirono a portare ad altezze talora notevoli gli enormi massi delle torri servendosi probabilmente del sistema del piano inclinato: l’edificio, man mano che si innalzava, veniva accompagnato da una collinetta artificiale di terra fino al livello già raggiunto, sulla quale i massi venivano fatti scorrere su rulli fatti di tronchi, tirandoli a braccia e per mezzo di animali. Ultimato il lavoro, la terra della collinetta veniva rimossa. L’ipotesi più diffusa è che fossero destinati alla vigilanza e alla difesa, soprattutto quelli più complessi, che per la loro struttura e la posizione che occupano confermerebbero l’uso dei nuraghi come fortezze. In queste case fortificate abitavano i capi tribù con la loro famiglia e la loro guarnigione: non è escluso che qualche nuraghe fra i più piccoli fosse un’abitazione di pastori. Un’altra ipotesi invece sostiene che i nuraghi avessero destinazione religiosa e funeraria: i nuraghi semplici erano usati come templi da singolo gruppi familiari, quelli polilobati come santuari collettivi di più tribù nuragiche. Tribù è il nome che disegna le costruzioni: il termine “NURAGHE” si ricollega alla parola pre-latina “nurra” ancora conservata nella lingua sarda e che significa “cavità” o “ammasso”, cioè “torre”.
Sull’origine dei nuraghi sono state avanzate svariate ipotesi. Secondo alcuni si è sviluppato dalla capanna circolare indigena; secondo altri il sistema di costruzione a cupola è arrivata dall’Africa o dalla Mesopotamia o dall’area della civiltà egeo-cretese. La civiltà nuragica, che ha inizio nella metà del secondo millennio a.C., si può dividere in tre periodi: ANTICO (1500 – 500 a.C.), MEDIO (900 – 500 a.C.) e RECENTE (500 – 200 a.C.). Nel nuragico medio l’edificazione dei nuraghi inizia la sua fase discendente: l’occupazione cartaginese di buona parte della Sardegna, tra la fine del VI secolo a.C. e gli inizi del V secolo a.C., determinerà il lento spegnersi della civiltà nuragica.[ad#ad-1]